07.Ciò che porto con me II

Soldi, vergogna e possibilità

Quando ho cominciato a esplorare il tema dell’eredità familiare, la prima parola che mi è venuta in mente è stata: soldi.
Non perché mi interessino in modo materialista, ma perché, da sempre, i soldi sono stati per me una preoccupazione, una priorità, un pensiero costante.

Non sono cresciuta nella povertà. Anche dopo la separazione dei miei genitori, mia madre ha sempre fatto in modo che non ci mancasse nulla. Non solo: ha fatto di tutto perché potessimo avere qualcosa di bello, di nuovo, di più.
Io la osservavo: faceva sacrifici, metteva da parte. Quando mi dava qualche soldo, io stessa li mettevo via per comprare la nostra prima macchina. Mi piaceva farlo. Vedere i soldi crescere un po’ alla volta era piacevole, rassicurante.

Da adolescente, avevo già assorbito molte regole:

  • il frigo doveva essere ordinato, senza sprechi;

  • prima si pagavano bollette e condominio;

  • solo poi si pensava a vestiti, svaghi o viaggi.

Crescendo, ho capito che avevo ricevuto una buona educazione, ma anche coronata da un po’ di paura. La paura che un giorno i soldi potessero non esserci. E con quella, anche un senso di vergogna sottile, che non era mio, ma che sentivo negli altri.

Mi ricordo i compagni che non potevano permettersi certe cose. Io non li giudicavo mai, ma percepivo la loro vergogna. E la facevo mia. Forse per empatia. Forse perché temevo di diventare come loro.
La stessa sensazione mi prendeva quando, dalla macchina, guardavo la folla spingersi per salire su un tram. Oggi si chiama scelta ecosostenibile. Allora come spesso anche oggi era un segno che non avevi alternative.

Col tempo sono entrata in contatto con una cultura diversa: quella del debito, delle rate, dei mutui. Io non avevo mai vissuto nulla del genere. E mi sono spaventata.
Ho un mutuo. Una figlia. Tante spese. E fino a poco tempo fa, tutto era fonte di ansia.

Una volta, una persona cara mi disse che “soffro della sindrome della povertà”.
Quella frase mi ha fatto piangere tanto.
Per me, era solo responsabilità , la mia sana educazione.
Ma poi ho capito, anche se non era vero, non soffro sicuramente di nessuna sindrome di povertà,avevo bisogno di lavorare emotivamente sul mio modo di vivere i soldi, forse troppo rigido.

E se lo chiedessimo agli altri?

Spinta da questa riflessione, ho fatto una domanda semplice — ma potentissima — alle mie persone più fidate e care:
“Che rapporto hai avuto, e hai oggi, con i soldi?”

Le risposte che ho ricevuto sono state sincere, a tratti esilaranti, a tratti toccanti. Ne è uscito un piccolo mosaico di pensieri, emozioni, strategie e contraddizioni.

Dall'infanzia:

  • “A 7 anni ho rubato 10 lei dalla borsa di un’amica di mia madre.”

  • “Io vendevo brochure pubblicitarie ai miei compagni.”

  • “Con 10 lei prendevo 10 gelati da 1 leu e dicevo che erano buonissimi.”

  • “Mia mamma mi dava i soldi per andare alla caffetteria, ma li tenevo per comprare le arance a mia sorella.”

Da adulte:

  • “Ho sempre avuto la leggerezza di spendere, ma anche la cura di mettere da parte.”

  • “Ora che ho investito tutto nelle case e sono senza lavoro, mi sento debole.”

  • “Avere risparmi ti fa sentire forte. Senza, ti senti fragile: basta un colpo di vento… e cadi.”

Eredità familiari:

  • “Mia nonna con poco gestiva una famiglia di 5 figli. Mio nonno guadagnava di più… ma spendeva tutto.”

  • “Possiamo aver vissuto esperienze diversissime, ma alla fine siamo tutte sulla stessa barca: senza soldi.”

Nuovi significati:

  • “Non è quanto hai, ma come lo gestisci. Chi sa vivere con poco, ha già vinto.”

Un lavoro da fare (dentro di noi)

Parlare di soldi — soprattutto con affetto, ironia e verità — è uno dei modi più potenti per riconnettersi con la propria storia.

L’obiettivo non è rompere col passato, ma integrarlo(l’ho gia detto e ho voluto ripetere)
Onorare ciò che ci ha forgiati.
E scegliere con più libertà chi vogliamo diventare.

Domande per la tua esplorazione:

  • In cosa mi sento “uguale” ai miei genitori o ai miei nonni, quando penso al denaro?

  • Quali emozioni emergono quando parlo di soldi?

  • Cosa ho ereditato come convinzione economica?

  • Quali paure o vergogne porto, anche se non sono mie?

  • Se potessi davvero scegliere: che rapporto vorrei avere con i soldi?

Per concludere...o quasi(perchè di soldi come risorse scriverò ancora )

Come scrivono Brad e Ted Klontz, psicologi e autori di Mind Over Money,
“Spesso non sono i soldi in sé a creare problemi, ma le storie che ci raccontiamo su di essi, tramandate da generazioni, come leggi non scritte.”

Questo mi ha fatto riflettere profondamente. Forse non siamo solo “noi” a preoccuparci dei soldi, ma l’intera catena di vissuti che ci portiamo dentro: chi ha temuto la fame, chi ha vissuto l’umiliazione della povertà, chi ha imparato a tacere le proprie necessità.


Forse crescere, anche in questo, significa imparare a riscrivere la nostra storia economica interiore.
Farlo con amore. E con rispetto per chi c’è stato prima e di questo in modo più approfondito scriverò ancora.

Fonti di ispirazione:

Anne Ancelin Schützenberger-La sindrome degli antenati

Brad Klontz & Ted Klontz-Mind Over Money

Lynne Twist-The Soul of Money

Vicki Robin & Joe Dominguez- Your Money or Your Life

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