06.Ciò che porto con me I
L’eredità invisibile nella conoscenza di sé
L’eredità che abitiamo
Quando parliamo di conoscenza di sé, spesso pensiamo al presente: a ciò che sentiamo, a ciò che desideriamo cambiare, a chi vogliamo diventare.
Ma la verità è che dentro di noi vive anche tutto ciò che ci è stato trasmesso, a volte in silenzio, a volte in maniera evidente. Le parole dette, ma soprattutto quelle taciute. Gli sguardi, i silenzi, le attese e le delusioni.
L’eredità che abitiamo non è fatta solo di geni e tratti somatici, ma di vissuti, paure, sogni infranti, lotte e convinzioni che attraversano le generazioni. Ci portiamo addosso pezzi di chi ci ha preceduto, anche se non li abbiamo mai incontrati. E se non li riconosciamo, rischiamo di viverli come nostri, senza sapere da dove arrivano.
"Siamo meno liberi di quanto crediamo; siamo intrappolati da lealtà invisibili e vincoli inconsci che ci legano alla nostra famiglia d’origine."
— Anne Ancelin Schützenberger, La sindrome degli antenati
Un esercizio prezioso: il viaggio nella tua eredità
Prenditi un momento tutto per te. Un taccuino, una penna, un luogo tranquillo. Inizia un piccolo viaggio: vai a cercare le storie della tua famiglia.
Parla con i tuoi genitori, se puoi. Con i nonni, gli zii, le zie, o con chiunque possa raccontarti qualcosa. Fai domande su:
com’erano vissute le relazioni d’amore e d’amicizia;
come si vivevano i soldi, il lavoro, la stabilità;
cosa significava la malattia, la salute, la guarigione;
che ruolo avevano la spiritualità, la tradizione, l'innovazione;
cosa veniva considerato “giusto”, “normale”, “possibile”.
Annota tutto. Lascia che i racconti diventino specchi. Non per giudicare, ma per comprendere.
Questa pratica l’ho appresa da Tatiana Rudacevschi Mihaelnova, coach ed esperta nella psicologia dei numeri. Tatiana invita a esplorare le proprie radici per comprenderle, integrarle e viverle "in positivo".
"Ogni irrisolto del nostro albero genealogico cerca, in chi viene dopo, una forma nuova per essere liberato."
— ispirato al pensiero transgenerazionale
Il mio incontro con l'eredità
Ricordo quando, durante un webinar, Tatiana ci suggerì di andare a parlare con i nostri nonni.
A me era rimasta solo una nonna, con la quale non avevo mai avuto un rapporto affettuoso: poche parole, molte discussioni.
Eppure andai da lei. Dovevo chiederle del suo rapporto con il denaro, volevo partire da li.
Compito arduo. Ma speravo in una risposta, magari dura ma sincera.
La sua reazione fu ancora più spiazzante: mi disse che odiava i soldi. E soprattutto che potevo farle tutte le domande che volevo, tranne quella.
Ho sentito un muro e la sofferenza che sicuramente sta dietro.
E quel muro lo riconobbi poi in mia madre, nelle sue parole: “Tu non pensare ai soldi”.
Un intento protettivo, forse. Ma anche un tabù.
Io non dovevo parlarne.
E in effetti, nella mia vita, non amo parlare di soldi. Sento che è una cosa “poco elegante”, un tema da evitare, da non portare mai in primo piano.
Ma... i soldi sono importanti. Sono risorse, possibilità, sicurezza, serenità.
È bello vederli arrivare dopo un buon lavoro. Sono soddisfazione. Sono entusiasmo.
Questa è la trasformazione che oggi voglio vivere.
Non ho più molti parenti, purtroppo. Ma voglio cercare ancora. Voglio sapere. Voglio trasformare.
Grazie, Tatiana.
Integrare, non rompere
L’obiettivo non è rompere con il passato, ma integrarlo.
Portare luce nei suoi angoli bui, onorare ciò che ci ha forgiati e scegliere con maggiore libertà chi vogliamo essere.
Bert Hellinger diceva:“Nessuno può sfuggire alla propria famiglia. Anche quando si tenta di separarsene, il legame invisibile resta. L’unico modo per essere liberi è riconoscere quel legame e prenderne il posto nel proprio cuore.”
E tu, quale parte di eredità stai portando oggi senza accorgertene?
Domande per iniziare la tua esplorazione:
In cosa mi sento “uguale” ai miei genitori, ai miei nonni?
Quali paure o convinzioni sembrano ripetersi nella mia storia?
Cosa sento davvero mio, e cosa invece percepisco come “ereditato”?
Se potessi scegliere, cosa vorrei lasciar andare?
Ricercare le proprie radici non è un esercizio nostalgico, è un atto di libertà. Ogni storia che scopri, ogni parola che comprendi, ogni emozione che riemerge, è un tassello che ti aiuta a scegliere consapevolmente chi vuoi essere oggi.
Non possiamo cambiare ciò che ci ha preceduto, ma possiamo scegliere che uso farne.
Possiamo lasciare andare ciò che ci pesa e custodire ciò che ci nutre.
Alejandro Jodorowsky nella La danza della realtà scriveva :”Ciò che non si dice, si ripete. E ciò che non si guarisce, si trasmette.”
Fonti di ispirazione:
Anne Ancelin Schützenberger- La sindrome degli antenati
Bert Hellinger- Ordini dell’amore
Clarissa Pinkola Estés- Donne che corrono coi lupi
Alejandro Jodorowsky-La danza della realtà