08.Ciò che porto con me III

Il Giudizio


Sono cresciuta dentro una cultura del giudizio. Una cultura in cui la frase “questo non si fa” risuonava come un confine,  e in cui ogni gesto fuori posto portava con sé l’eco di una domanda silenziosa: “Cosa dirà la gente?”

Parole come queste si piantano presto, come semi invisibili. E crescono dentro di noi sotto forma di vergogna, autocensura, condizionamento.
Come se, da bambinə, invece di imparare a conoscerci, imparassimo prima di tutto a regolarci per piacere. Alla famiglia. Alla società.

Alle regole.
Come se il nostro valore dipendesse da quanto bene riusciamo a non sbagliare.

La vergogna, per me, è stata l’emozione più difficile da guardare. Non perché fosse evidente, ma perché era sottile.
Travestita da “educazione”, da “buon senso”, da “non dare fastidio”. Ma la vergogna è una gabbia silenziosa.
E come dice Brené Brown, una delle studiose più importanti sul tema:

“La vergogna si nutre di segretezza, silenzio e giudizio. Se parliamo della vergogna, se la nominiamo, se la illuminiamo, perde potere.”
— da Credevo fosse colpa mia

Ho esplorato a fondo questa emozione. In parte, ne avevo già parlato nell’articolo precedente, in cui la vergogna si era manifestata
nella mia storia attraverso il rapporto con i soldi. Anche lì, era nascosta sotto la responsabilità, la prudenza, il silenzio.

Ma la vergogna ha mille travestimenti. E torna a parlarci nei momenti in cui ci sentiamo “sbagliati”. Nei giudizi che sentiamo su di noi,
ma anche in quelli che ci rivolgiamo da soli.

Nel libro Credevo fosse colpa mia, Brené Brown racconta che la vergogna si manifesta nel corpo prima che nella mente:
lo stomaco si chiude, arriva il nodo alla gola, la pelle si scalda. Non è un pensiero. È un impatto.

È un giudizio introiettato che ci dice: “Sei sbagliata.” Non hai sbagliato, ma sei sbagliata.
E questa, forse, è la ferita più profonda.

Ma esiste una strada per uscire da tutto questo:dare voce alla vergogna,raccontare ciò che ci fa paura,connetterci attraverso l’empatia, il coraggio, la consapevolezza critica.

Come dice ancora Brené Brown:
“Il coraggio è la nostra voce, e la compassione sono le nostre orecchie. Senza di essi non c’è possibilità né di empatia né di connessione.”

Domande per te:
In quale parte della mia vita sento ancora il peso del giudizio?
Quale voce interiore continua a dirmi che non sono abbastanza?
Posso provare, anche solo per un momento, a guardarmi con uno sguardo più gentile?

Fonti di ispirazione:
Brené Brown – Credevo fosse colpa mia
Kristin Neff – Self-Compassion
Carl Rogers – Diventare persona
Tara Brach
– Radical Compassion

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