13.La carta 13 e la nascita dal caos

Non sempre i nuovi inizi arrivano con leggerezza.
A volte nascono nel rumore di un litigio, nel peso di una parola dura,
sotto il segno di una luna rossa che brucia nel cielo.

Oggi scrivo così: frastornata, stanca, vulnerabile.
Eppure so che il 13 non è mai un numero semplice.
Nei Tarocchi porta il nome di Morte.

Non per annunciare la fine,
ma per ricordarci che ogni inizio ha bisogno di una rottura.
Un seme, per germogliare, deve prima spaccarsi.

Le paure bussano: la paura della perdita, della solitudine, della mancanza.
Sono loro le ombre che ci trattengono dal diventare chi siamo davvero.
Ma forse non vanno scacciate. Forse vanno guardate.
Perché è oltre quella soglia che inizia la trasformazione.

E qui, in mezzo al caos, ricordo le mappe che mi hanno accompagnata:
i numeri che sussurrano verità nascoste,
i simboli che aprono portali interiori,
le stelle che riflettono il cammino,
le parole che diventano specchio.

Non esiste un unico modo per ritrovarsi.
Esiste il coraggio di restare, anche quando fa male.
Di respirare dentro la frattura,
e lasciarla diventare terreno fertile.

Il ciclo che si chiude oggi non porta una fine.
Porta radici.
Porta disciplina.
Porta la possibilità di costruire, mattone dopo mattone, una casa nuova dentro di sé.

A te che mi leggi, voglio solo dire:
se oggi sei nel caos, non temere.
Il 13 è duro, ma è maestro.
È l’ombra che custodisce la porta della rinascita.

Nei prossimi passi esploreremo sia le ombre che le luci:
le paure che ci frenano, e gli strumenti che ci guidano.
Perché l’unico vero nuovo inizio nasce sempre da qui:
dalla scelta di restare vivi,
anche in mezzo alla tempesta.

In questo nuovo ciclo parlerò del mio lato più intuitivo,
legato alle tradizioni antiche e alle culture del mondo.
Un lato che ho sviluppato in modo delicato ma profondo
e che, finora, ho condiviso solo con pochi compagni di viaggio.

Il 13, la Morte come simbolo, oggi mi invita a essere autentica
anche in ciò che mi fa più paura.

Fino a quando si parla di libri, di sviluppo personale,
di figure professionali a cui affidarsi,
si può fare. È un linguaggio accettato,
soprattutto qui a Milano, città aperta e piena di risorse.

Ma esistono anche altri strumenti, meno “accettati”,
più discussi e messi in dubbio.
Eppure sono proprio quelli che mi hanno aiutata —
e che ancora oggi mi sostengono nella mia evoluzione.

La Morte, per me, oggi rappresenta questo:
decidere di non restare più in superficie,
dove tutto sembra comodo,
ma affrontare la paura di mostrare la mia altra parte.

Nei prossimi articoli parlerò quindi
di strumenti di autoconoscenza che ho sperimentato
e che mi accompagnano, passo dopo passo,
verso la mia salute mentale e fisica.

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